Chiesta una norma che escluda responsabilità legali quando si presti soccorso anche senza specifica formazione: l’apparecchio è sicuro e guida il soccorritore. Si chiama “legge del Buon Samaritano” e potrebbe contribuire a colmare la distanza abissale tra il 2-3% della media nazionale di quanti sopravvivono a un attacco cardiaco e il 36% di sopravvivenza registrata nei luoghi dove invece sia presente una rete di defibrillatori accessibili ad ogni cittadino. Se applicata, questa legge consentirebbe a chiunque di poter utilizzare un defibrillatore automatico o semiautomatico esterno in caso di necessità senza temere conseguenze legali di tipo civile o penale. Per quanto riguarda quelle medico-sanitarie l’apparecchio salva-vita (in grado di fare ripartire con una scossa elettrica il cuore in caso di fibrillazione ventricolare) infatti è sicuro, guida il soccorritore, permettendo la scarica solo se effettivamente necessaria.
La richiesta anche dalla vedova di Vigor Bovolenta
La norma introdurrebbe una specie di “immunità” per i soccorritori non professionisti che nella legislazione oggi vigente in Italia possono usare i defibrillatori solo dopo un corso di addestramento certificato e una “autorizzazione” dei servizi 118. A rilanciare la richiesta, rivolta alle massime autorità dello Stato – dal Presidente della Repubblica, al ministro della Salute -, di introdurre la “legge del Buon Samaritano” sono una decina di associazioni, tra cui Progetto Vita (di Piacenza), cardiologi, avvocati e Federica Bovolenta, vedova di Vigor Bovolenta, il campione di volley morto in campo nel marzo del 2012 proprio per un attacco cardiaco. «La norma – spiega Daniela Aschieri, presidente di Progetto Vita – dovrebbe contenere una semplice frase aggiunta all’articolo 1, comma 1 della legge 120 del 3 aprile 2001, cioé: «È consentito l’uso del defibrillatore semiautomatico in sede extra ospedaliera anche al personale sanitario non medico, nonché al personale non sanitario che abbia ricevuto una formazione specifica nelle attività di rianimazione cardio-polmonare, ovvero in caso di necessità e in assenza di personale addestrato, chiunque può utilizzare un defibrillatore automatico o semiautomatico esterno (in corsivo la frase in aggiunta, ndr)».
La situazione in alcuni paesi europei
Si tratterebbe di attuare così la Dichiarazione del Parlamento europeo del 14 giugno 2012 sull’istituzione di una settimana di sensibilizzazione sull’arresto cardiaco: al punto 4, il Parlamento invita la Commissione e gli Stati membri «ad adottare una legislazione armonizzata in tutta l’Ue, al fine di garantire l’immunità da ogni responsabilità ai soccorritori non professionisti che offrono volontariamente assistenza in caso di emergenza cardiaca». In Francia, i cartelli che segnalano la presenza di un defibrillatore riportano la frase di un Decreto ministeriale del 2007 che autorizza chiunque a usare il defibrillatore. Lo stesso accade in Catalogna. D’accordo con la proposta delle associazioni è Alberto Zoli, direttore generale di Areu (Azienda Regionale Emergenza e Urgenza) 118 Lombardia, purché l’intervento di chi assiste ad un arresto cardiaco sia “guidato” dalla sala operativa dei 118. Concordano con l’iniziativa anche Francesco Bermano, presidente della Società Italiana Sistema 118, e Federico Semararo del direttivo dell’associazione medico-scientifica Italian Resuscitation Council, sottolineando però la necessità anche delle altre azioni previste in caso di arresto cardiaco. «Dovrebbe passare il messaggio – aggiunge Semeraro – che non bisogna avere paura di iniziare la rianimazione cardiopolmonare in generale».
Tratto da Corriere della sera/ Cardiologia del 15 febbraio 2015